lunedì 17 dicembre 2012

Nascita dei rally in Italia (II° Parte)



Intanto Cavallari cresceva. E Mario Angiolini gli propose di partecipare al Rally di Montecarlo con una Flaminia del Jolly Club. “Era una nave, pesante, larga, pacioccona. Centoventi cavalli per una tonnellata e quattrocento chili di macchina. Un bisonte con le ruote. Frescobaldi, anche lui della Jolly Club, fece il nono assoluto con la Flavia coupé, io il diciannovesimo con la Flaminia e Cesare Fiorio (futuro direttore sportivo Lancia, Fiat e Ferrari) usci di strada, rotolando giù da una scarpata perché aveva voluto strafare". Ma in Italia i rally stentavano a decollare. C’erano solo gare di regolarità con medie da tenere, magari anche tirate, come osserva Cavallari. “ma era pur sempre roba da ragionieri del volante e non da velocisti, chiunque ce la poteva fare. Insomma, vinceva chi era più bravo a passare nel momento giusto, anche perché non c'era la precisione nevrotica al centesimo di secondo richiesta ai giomi nostri”.
Così Cavallari, insieme ad Angiolini, Salvay e Stochino organizzo una petizione alla Csai per chiedere la divisione delle gare in due specialità: da una parte il campionato di regolarità, dall'altra il campionato rally. Dal l96l in poi, per seguire queste nuove gare, sul ciglio delle strade tornarono a darsi raduno decine di migliaia di appassionati con giubboni, coperte, termos, scaldandosi davanti a piccoli falò, a volte improvvisando allegri concerti con la chitarra. Insomma un grande happening quando ancora non erano di moda le notti bianche, ma tutto al più si sognava l'Isola di Wight.
La marcia in più dei rally rispetto alle gare in autodromo era proprio questa: la partecipazione della gente e la possibilità di avvicinare le auto, i piloti, i meccanici, insomma il contatto stretto con la corsa.
Già allora, trent'anni fa, seguire certi gran premi in autodromo era come osservare i pesci in un acquario. Tutt'altra cosa la presa diretta del rally, l'assistenza, i meccanici, l'atmosfera più semplice e
diretta, meno filtrata. Una dimensione ben nota a Sergio Lipizer, 83 anni, anche lui campione anni Sessanta. Nato il 14 settembre 1923 ha corso dal 1955 al 1972 su varie auto, sempre italiane. E' stato campione italiano di classe nel 1963, su Abarth 850. Ed ha vinto numerosi campionati regionali e triveneti. Anche per lui, come per Cavallari, la prima gara fu a metà dei Cinquanta. “Ne1 1955 papà Ferruccio mi invitò a partecipare al Rally del Piave a bordo di una Lancia Appia. All’epoca, più di mezzo secolo fa, i rally non erano molto numerosi. Erano prove di regolarità che bisognava percorrere rispettando precisamente il tempo imposto, possibilmente spaccando il secondo. Diciamo che ricordavano molto le competizioni di regolarità che oggi avvincono molti proprietari di auto storiche. I rally veri e propri iniziarono nei primi anni Sessanta. quando vennero introdotti tratti di strada di velocità pura, rigorosamente chiusi al traffico, che poi verranno chiamati prove speciali”.

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